La

I Verbi del Cuore

Cor-dialità


Perché dire le proprie cose, soprattutto i peccati, ad un sacerdote? Non è un peccatore come me?
La fatica di vedere la Riconciliazione o Penitenza (più comunemente detta Confessione) come un sacramento e ridurla ad una semplice 'chiacchierata' o ad uno 'sfogo' è sempre possibile. Per riscoprire la dimensione sacramentale della Riconciliazione, dobbiamo fare alcune considerazioni.
  La COR-dialità del sacerdote è la cordialità di Dio, che si china sulla nostra fragilità, la nostra ferita sanguinante del peccato e la sana. Non mi confesso da quel sacerdote perché è più simpatico o comprensivo degli altri, ma perché vado ad aprire il mio cuore a Dio, che già conosce la mia colpa e il mio peccato.
La nostra COR-diali nei confronti di Dio sta nel riconoscere innanzitutto la sua bontà e misericordia. Iniziare la confessione ringraziando Dio per le meraviglie che ha compiuto è una buona pratica da assimilare, perché dal cuore non devono sempre e solo uscire negatività e lamentele, ma deve uscire la bellezza della vita, del sentirsi amati e riconosciuti da Dio.
La COR-dialità nell'esprimere il proprio peccato sta nella contrizione e nella certezza che il pentimento mi conduce al suo perdono. Troppi dubbi invadono spesso il penitente, che non sgombrano il campo dalla certezza che qualcosa può e deve cambiare nella sua vita, non tanto grazie al suo impegno, ma alla grazia rigeneratrice di Dio che ci salva.
Anche la celebrazione comunitaria della Penitenza deve avere queste caratteristiche: non è solo un un semplice preludio alla celebrazione individuale, dove posso arrivare anche tardi, ma 'ciò che conta è che alla fine mi confesso'. 
Letture, gesti e segno, preghiere e canti devono condurre il cuore delle persone a riconoscere la COR-dialità di Dio.
I partecipanti alla celebrazione vanno aiutati a capire che 'c'è un peccato sociale e comunitario' di cui chiediamo perdono insieme, prendendone coscienza e assumendo ognuno le proprie responsabilità.
La Riconciliazione non è la direzione (oppure il colloquio) spirituale: va vissuta come dialogo in un contesto di preghiera, dove però la preoccupazione non è quella di dire tutti i peccati, ma di presentare a Dio “un cuore contrito e umiliato”, pronto a ritornare a lui attraverso un itinerario di conversione, di espiazione fatto da gesti ed impegni concreti.
Tutto questo per dimostrare che, come il figliol prodigo, “sono rientrato in me stesso, ho compreso il mio errore, mi sono alzato e sono tornato alla casa del Padre”.

 

Esci Home